La commedia italiana

La passione per la risata è una delle cose che accomuna gli italiani, insieme a quella per il calcio, al gusto per il caffè espresso e per la buona cucina, e ad una certa propensione ad affrontare, o meglio, a cercare di aggirare, i problemi con la furbizia. La passione per il comico attraversa tutte le epoche, ha creato le maschere italiane, e dal dopoguerra in poi, con la cultura di massa, ha dato vita tutta una produzione di comici da Totò a Guzzanti (per citare due tra i preferiti). Tale ricca produzione di comicità e di comici è dovuta all’ampia richiesta, perché la ‘ggente, si fa fatica a chiamarlo popolo, vuole ridere.
La famosa commedia all’italiana, uno dei principali contributi italiani al cinema mondiale, attingeva lontano nei secoli fino alle novelle di Boccaccio, di Masuccio Salernitano e da Pietro Aretino. La passione italiana per il comico ha una lunga storia, e giunge a coinvolgere persino  il serissimo Dante, che per il genere comico non era proprio portato, il quale, cerca di creare nel girone delle Malebolge delle scene comiche, ma gli escono sempre foscamente grottesche, in particolare in quel canto XXI dove il Poeta chiarisce nei  primi versi che è la sua è una «comedìa», con scene schiettamente ispirate alla commedia popolaresca, compresa la presenza un certo Alichino che, con nome leggermente diverso e in vesti variopinte, nei successivi secoli della servitù italiana cercherà di servire due e più padroni.
Qual è l’origine di questa passione italiana per il comico? (Perché il riso è una caratteristica universalmente umana, ma la passione per il comico è specificamente italiana). Non è facile rispondere a questa domanda, di sicuro tra i bersagli di sempre vi è  la discrepanza tra morale cattolica e realtà dei rapporti umani, in particolare tra uomo e donna. Ariosto, pensando alla storia di Adamo ed Eva e la famosa mela, giungeva addirittura a contestare la sensatezza delle Sacre Scritture per bocca di Astolfo, il quale, dopo aver assaggiato i frutti del Paradiso, giudica che senza «scusa non sono i duo primi parenti, se per quei fur sì poco ubbidienti». La moralità cattolica è stata una miniera quasi inesauribile di comicità, fino al ’68, dopo le cose si rovesciano e uno dei figli del ’68 (come dimostra convincentemente Mario Perniola), Silvio Berlusconi, ci regalerà gustose scenette alle prese con il suo robusto appetito sessuale «unchained».
La situazione in Italia è stata spesso disperata ma mai seria. Come osservava Gramsci,
è mancato sempre, o quasi, in Italia, un ambiente di serietà, di lavoro effettivo e dignitoso intorno ai luminari della scienza, della politica, della vita morale, della cultura, che pure sono nati in Italia, e in italiano hanno scritto e parlato in buon numero.

Dietro l’avello
Di Machiavello
Giace lo scheletro
Di Stenterello.

La fine della seconda guerra mondiale ha visto il ritorno dell’Italia sotto servitù, dopo neanche un secolo di indipendenza nazionale. Forse è per questo che si è visto pure il ritorno della produzione su vasta scala di comicità nel cinema, l’arte del XX secolo, con la commedia all’italiana e con la creazione di una grande maschera, che può stare alla pari con quella di Arlecchino. Il tragico cavalier Fantozzi, con la sua metamorfosi in Tafazzi, è stato costretto pure a fare una guerra contro se stesso in Libia, ma in questo caso la commedia è diventata tragedia per la popolazione libica.
Ultimamente, dopo il dimissionamento di Berlusconi da parte del nostro «padrone» (shhhhhh!!! non si può dire chi è!), la realtà politica è diventata così comica da far inviperire i comici di professione. È tutto un pullulare di spassose maschere: lo smacchiatore di giaguari, il dandy a quadretti a cui il mago Zurlì ha distrutto la carriera, i magistrati anarchici, personaggi minori, ma molto interessanti per il cultore della comicità politica, come Marco Rizzo nelle vesti di novello Peppone, i gay candidati nelle liste dei tradizionalisti cattolici, i Fratelli d’Italia coalizzati con i leghisti. Ma soprattutto lui, il capocomico Silvio, immortale nei nostri ricordi quando faceva cucù alla «culona inchiavabile».
In realtà, anche la Merkel e Sarkozy sono personaggi comici, ma fingono di essere persone serie. In Europa, oggi, l’unica cosa seria è la tragedia del popolo greco. E allora non c’è del genio nel popolo italiano se alla fine ha scelto come rappresentante delle istanze più autenticamente popolari un comico vero?
Ma, per dirla con le parole, adattate all’uopo, della Zerlina del dramma tragicocomico, il problema, signorine e signorini, è questo:

Troppo comica si è fatta la scena
in tragedia potria terminar.

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