La crisi strutturale del sistema mediatico

E’ in atto una crisi radicale del sistema mediatico occidentale, all’interno di una trasformazione complessiva del sistema politico di carattere globale ed epocale(1). Il centro di propagazione del terremoto è negli Usa, ma ha la sua risonanza anche in Italia, che potrebbe diventare un importante laboratorio a livello europeo, in cui si potrebbero sperimentare delle nuove strutture per far fronte al sommovimento in corso. Il terremoto, al momento, ha le parvenze di un bradisisma, con un’instabilità costante fatta di polemiche quotidiane al di sopra delle righe, ma potrebbe erompere in movimenti più drammatici. La trasformazione della geografia sociale è già in corso, da vedere saranno invece le soluzioni attuate per farvi fronte. La crisi potrebbe sfociare in un nuovo sistema in cui potrebbero venir meno le garanzie formali democratiche, che potrebbe essere la facile “soluzione” alla crisi della “sinistra”, ormai sempre più spesso evocata (un esempio tra i tanti: il libro di Jason Brennan, “contro la democrazia” che ha avuto la prefazione di Sabino Cassese, nel 2013 uno dei candidati Pd alla presidenza della Repubblica), oppure in un nuovo sistema che invece sfrutti le potenzialità dei nuovi mezzi per una ristrutturazione della democrazia finalizzata ad un diverso coinvolgimento di massa, indispensabile nella gestione di società complesse come le nostre.

I principali fattori di crisi del sistema mediatico, visti all’interno della crisi complessiva del sistema politico sono, innanzitutto, la fine dell’“epoca della globalizzazione”, in realtà un periodo abbastanza breve e transitorio, terminato con il ritorno in campo della Russia, e con la definitiva affermazione della Cina quale potenza globale. Il fallimento della globalizzazione impone un ripensamento radicale delle strategie politiche e delle ideologie ad esse concomitanti. La cosiddetta “globalizzazione” è stata quel breve periodo, se commisurato ai tempi storici, in cui gli Usa, a capo dei “paesi occidentali”, quando già l’Urss mostrava una crisi irreversibile, avevano pensato di poter diventare l’unica potenza mondiale. Contesto in cui si è formata un’ideologia globalista diventata dominante basata sul politicamente corretto, che facciamo iniziare simbolicamente con il “Live aid” del 1985 in cui il mondo occidentale proclamava per mezzo delle sue “star”: “We are the world”.

Altro fattore decisivo è stato l’avvento dei nuovi media legati ad internet a cui ormai la maggioranza delle persone informate si rivolge in alternativa ad un’informazione legata alla tv e ai grandi giornali ormai screditata.

Infine, la degenerazione della classe intellettuale, deputata alla produzione culturale e simbolica che dà forma alla rappresentazione complessiva che una società ha di sé stessa, degenerazione che ha fatto nascere il “ceto medio semicolto” (2). Questa degenerazione, frutto della frattura del mondo mediatico, e del mondo accademico e intellettuale con le altre classi e gruppi sociali, ha reso gli intellettuali “stupidi”, con un senso della realtà inferiore a chi non si occupa per professione della comprensione della realtà stessa, come scriveva Costanzo Preve.

Le classi popolari hanno ripagato con un’avversione crescente, che potrebbe sfociare nella rabbia, verso un discorso propagandistico sempre più avulso dai problemi reali centrato esclusivamente sui “diritti civili” contrapposti ai diritti sociali concreti, senza i quali i primi sono pure chiacchiere. Tale avversione è stata uno dei fattori che hanno determinato la vittoria di Trump.

I principali media statunitensi hanno sottoposto ad un fuoco di fila il presidente Trump, dalla sua elezione ad oggi, senza che finora abbiano sortito alcun effetto pratico, né tantomeno diminuito la sua popolarità, anzi al contrario è aumentata. La stessa cosa accade in Italia, dove a dispetto della propaganda contro l’attuale governo scatenata dai principali media cresce il suo consenso, secondo recenti sondaggi.

Certo, i media orientano, è appunto la loro funzione, ma si commette un grosso errore a credere che le “masse” siano passive e che si possa con la giusta “tecnica” manipolativa inculcare qualsiasi cosa. Anche i media si basano sul consenso, quando questo viene meno, non c’è manipolazione mediatica che tenga, come stiamo vedendo sotto i nostri occhi negli ultimi tempi, Questa concezione della manipolazione attuata dai media era uno dei difetti principali della “critica della società di massa” che seppur aveva degli aspetti interessanti, essendo l’unica che cercava di portare l’analisi dei media su un livello strutturale, andando oltre la critica meramente ideologica, era però troppo segnata dal nostalgismo passatista per la cultura “borghese” europea, tramontata definitivamente con la fine della seconda guerra mondiale (3). I mass media non sono stati solo degrado culturale e manipolazione, ma in certi frangenti hanno svolto un importante ruolo di avanzamento culturale, come ad es. la Rai fino agli anni settanta, la cui qualità non era paragonabile a quella attuale, che promosse l’alfabetizzazione e realizzò l’unificazione linguistica della popolazione italiana. Le interviste di Pasolini che denunciavano il “nuovo fascismo” dei media, e si rifacevano alla visione pessimistica dei francofortesi, venivano alla fine trasmesse dalla stessa Rai.

La funzione che svolge la classe intellettuale è fondamentale, senza una riflessione sistematica, basata sugli strumenti intellettuali elaborati nel corso della storia del pensiero, al fine della comprensione del mondo in cui si vive, e senza una sana interazione del mondo intellettuale con il potere politico ed economico, ogni sistema sociale è in balia di eventi che non è in grado di comprendere.

La scollatura tra mondo mediatico e intellettuale rispetto alle classi popolari (sia medie che inferiori) potrà avere degli effetti molti negativi, se non risolta positivamente, in avanti, adeguando il sistema mediatico al mondo odierno. Il vecchio sistema mediatico ha fatto il suo corso, bisogna costruirne uno nuovo. Non ci sono ricette da applicare per una soluzione a tavolino del problema, ma creando un nuovo assetto, da realizzare nella prassi, che organizzi su nuove basi la produzione culturale e simbolica, al fine di una ricostituzione di una cultura politica adeguata ai tempi, che riscuota il consenso e il coinvolgimento di massa, obiettivi che necessiteranno del lavoro paziente di anni, animato da una precisa volontà politica.

Ciò che ha determinato la crisi del sistema sono fattori di carattere strutturale, quindi delle trasformazioni profonde ci saranno in ogni caso, di che natura saranno dipenderà dal modo in cui la società complessivamente saprà reagire.

 

1) http://www.gennaroscala.it/category/ceto-medio-semicolto/

2) http://www.gennaroscala.it/2017/01/30/endgame-of-globalization/
3) http://www.gennaroscala.it/2011/01/11/marxisti-reazionari-lukacs-adorno-e-la-cultura-di-massa/

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